lunedì 23 luglio 2012

Silvio rewind


L'avevamo previsto ed è puntualmente successo: l'annuncio del ritorno del Cavaliere sta già producendo la destabilizzazione del pur precario e transitorio equilibrio politico che permette al Governo di operare.
Ad ogni votazione mancano un quarto circa dei voti del Pdl, qualcuno dei presenti invece dichiara che è tutto sbagliato, qualcuno che è giusto ma troppo poco, qualcun'altro che è in perfetta continuità col governo precedente. Nessuno degli accordi fatti viene più rispettato: dalle riforme istituzionali alla legge elettorale alla semplice presidenza di commissione, ricompare ad ogni piè sospinto la vecchia maggioranza Pdl-Lega, con buona pace delle dichiarazioni di Maroni al popolo leghista. Per questo, in estrema sintesi, il Pd ha abbandonato l'aula la scorsa settimana.

Le domande che ci poniamo in Italia all'avvicinarsi della scadenza naturale della legislatura, sono le stesse che riecheggiano nelle cancellerie degli Stati europei e non solo. Che cosa succederà dopo Monti? Si tornerà ai bei tempi andati della crescita a debito, all'aumento della spesa pubblica che tanti guai ci sta provocando e che tanto ha acuito le disuguaglianze? Perché è questo, ridotto all'osso, il senso del dibattito sul dopo Monti in termini di continuità/discontinuità.
Questo il senso del documento che hanno sottoscritto 15 parlamentari e dirigenti Pd, che ha suscitato qualche polemica e qualche fraintendimento. Non ci si riferisce alla persona di Monti, che ha detto e ripetuto che nel 2013 considererà chiusa la sua esperienza politica, né alle singole questioni, né si vogliono negare le lacune che pure ci sono, ma al cuore, al nucleo duro del suo programma: incisiva e coraggiosa revisione della spesa pubblica, per ridurre l'imposizione fiscale su lavoro e impresa, per tornare ad investire sul capitale umano,  maggiore equità intergenerazionale nel sistema di welfare e, sul piano strutturale della crisi, accelerazione dei processi di integrazione europea, economica e politica, a partire dai meccanismi automatici antispread, secondo la linea già portata avanti congiuntamente con Hollande e Rajoy.
Assumere con chiarezza la continuità con questa impostazione da parte di chi si candida a governare il Paese dal prossimo anno, è necessario non solo per rassicurare i mercati e i partner europei, ma perché la crisi e le difficoltà attuali non si concluderanno in tempi brevi - come vediamo con grande preoccupazione in questi giorni - e i processi virtuosi avviati (pensiamo solo allo spostamento del prelievo fiscale dai redditi da lavoro ai patrimoni, o la lotta all'evasione), daranno i loro frutti solo attraverso una pluriennale e coerente azione di governo. Non si tratta perciò di un dibattito metafisico, metafisico è piuttosto restare chiusi nel dibattito tra le due posizioni estreme che sono in campo a sinistra e non solo in Italia: ricetta liberista (e quindi subalterna) o politiche keynesiane, impossibili in assenza di capitali da investire? I caratteri inediti di questa crisi, internazionale ed europea, impongono la ricerca di una terza via. Non basta il rigore, questa affermazione sacrosanta contiene i due corni del dilemma e della soluzione.
Di questo si è parlato all'assemblea nazionale del Pd, tema affrontato nella relazione del segretario approvata all'unanimità e da tanti interventi, tra cui quello di Massimo D'Alema che l'ha ben sintetizzato nell'espressione "oltre Monti, ma con Monti". Spero che cosi si spengano le polemiche, siano accantonate da parte di alcuni dirigenti le dichiarazioni di volontà di revisione rispetto a scelte che pure il Pd concorre a prendere col voto in Parlamento, e si proceda a fare quello che il Segretario prima e tutta l'assemblea dopo hanno deciso: procedere all'elaborazione di una convincente proposta programmatica in un percorso molto aperto al contributo esterno della società civile, dalle competenze tecniche, alle rappresentanze sociali. Programma che dovrà sicuramente essere illuminato da quei valori di uguaglianza e pari opportunità che sono propri della sinistra, dovrà avere il respiro lungo di chi sa offrire ai giovani una prospettiva e una speranza nel futuro possibile, senza dimenticare l'urgenza del presente. Per troppi anni abbiamo detto: "stiamo accumulando troppo debito sulle spalle dei nostri figli e nipoti, verrà il giorno che ce ne chiederanno conto". Il giorno è arrivato, oggi è il presente che chiama disperatamente a risposte responsabili.

Sen. Marilena Adamo

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