Il taglio alla spesa sanitaria si
abbatte indiscriminatamente anche sulle auto che Asl e ospedali utilizzano per
servizi essenziali: a piedi rimarrebbero, se non ci saranno correzioni di
rotta, i medici di guardia, medici e infermieri che fanno servizi a domicilio,
gli addetti all’assistenza sociale per gli anziani e gli invalidi, medici e
infermieri che corrono sui luoghi delle emergenze. La spending review ha deciso
una decurtazione secca del 50% nelle spese di acquisto e mantenimento di tutto
il parco veicoli dell’amministrazione sanitaria. E’ qui il punto dolente di
questo taglio decisamente “lineare”: si dimezzano le auto “blu”, giustamente,
mentre si dimezzano anche le “auto grigie”, appunto quelle utilizzate per
compiti operativi.
Chi lavora sul campo,sa di cosa si parla
e lancia l’allarme, doppio, per il restringimento se non l’azzeramento della
propria capacità di svolgere il lavoro assegnato, per i cittadini cui si negano
servizi essenziali, unica alternativa rimasta a disposizione rispetto alla
chiusura di posti letto e ricoveri. “Come medici di guardia garantiamo
l’assistenza a domicilio quando lo studio del medico di famiglia è chiuso”
spiega Gennaro Chiurco della Asl di Cosenza. “Per contratto dovremmo usare
l’auto aziendale, in realtà mettiamo a disposizione la nostra per un litro di
benzina verde ogni ora di servizio. Se ci levano anche quello per duemila euro
al mese restiamo a casa”.
In effetti, il faro puntato sulle
auto blu era del tutto giustificato. Su La Stampa del 10 luglio vengono ricordati
i casi delle aziende sanitarie abruzzesi dove si viaggia in Audi o l’esempio
della Campania (dove il buco della sanità costringe ad acrobazie contabili e
aumento della tassazione generale) dove invece preferiscono i Mercedes. Ma di
quante auto dispone il comparto sanitario. 18.500 veicoli circa, di cui
poco più di 2 mila sono vere auto blu e il resto sono auto grigie.
L?articolo 5, comma due del decreto
sulla spending review pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale parla chiaro e non
lascia dubbi: “A decorrere dall’anno 2013, le amministrazioni pubbliche
inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come
individuate dall’Istat…non possono effettuare spese di ammontare superiore al
50 per cento della spesa sostenuta nel 2011 per l’acquisto, la manutenzione, il
noleggio e l’esercizio di autovetture”. Acquisto e noleggio, buoni per i taxi:
è credibile che per andare a visitare l’anziana che non ce la fa a venire in
ospedale si debba prendere il bus? Va bene tagliare gli sprechi, ma non al
prezzo di pregiudicare l’assistenza sanitaria minima, cui, lo dice la
costituzione, tutti hanno diritto.
Questo è un classico esempio della
“cecità” dei tagli lineari: sprechi e privilegi sono sparsi a macchia di
leopardo su tutto il territorio, se con la spending review non si riescono a
separare i “buoni” dai “cattivi”, i rami secchi da quelli produttivi, rischia
di essere un boomerang. Anche nella salute vale il principio di consentire un
massimo di produttività: con una vettura invece che a piedi o in autobus si
incontrano più pazienti: più assistenza significa meno ricoveri. E meno posti letto. Non era questo l’obiettivo?
Fonte: blitzquotidiano.it

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