21mila miliardi di
dollari, ovvero 15mila miliardi di euro, nascosti nei paradisi fiscali e
sottratti alla tassazione degli Stati, come una contabilità finanziaria segreta
che sottrae risorse a tutti: la cifra, imponente e che è al livello dell’intero
prodotto interno lordo di un paese come il Giappone, arriva da uno studio
realizzato per il gruppo di attivisti Tax Justice Network da James Henry,
esperto di tassazione, ex capo economista della società di consulenza McKinsey.
È stato pubblicato ieri dal settimanale britannico Observer, e oggi il Corriere
della Sera lo riprende pubblicando anche due schemi riassuntivi del Guardian:
Spiega il
quotidiano:
I 21-32 mila
miliardi di dollari sono quanto sarebbe finito nei paradisi tra il 1970 e il
2010. Il risultato di movimenti di capitale favoriti — come dice lo stesso
Henry—«da uno stormo di facilitatori professionisti altamente pagati e
industriosi nei settori del private banking, della professione legale, della
contabilità e dell’investimento ». Una parte di questi spostamenti sarebbe
avvenuta in forma di flussi di capitale. Un’altra attraverso fatturazioni
false. Dei 6.500 miliardi di dollari che per esempio sarebbero usciti
illegalmente dai Paesi in via di sviluppo tra il 2000 e il 2008, 3.477
deriverebbero da fatture truccate che hanno consentito di creare offshore
patrimoni non identificabili dalle autorità: il 60% dalla Cina, l’11% dal
Messico, il 5% dalla Malaysia, il 3% da India e Filippine. Nello stesso
periodo, invece, sarebbero usciti per vie diverse, ma sempre illegali, 427
miliardi di dollari dalla Russia, 302 dall’Arabia Saudita, 268 dagli Emirati
Arabi, 242 dal Kuwait, 152 dal Venezuela.
Lo stesso
fenomeno Henry lo misura nei Paesi sviluppati, naturalmente:
Da una parte,
individui ricchi e certe multinazionali usano vie illegali per evadere il
Fisco: la ricerca individua abusi da parte di imprese nel commercio di banane,
di minerali, di grano, di legno, nella finanza e nella gestione di contratti di
proprietà intellettuale. Dall’altra, questo denaro mobile trova punti deboli
nelle legislazioni nazionali che consentono quell’elusione ai confini delle
regole che va sotto il nome di pianificazione fiscale internazionale. La
gestione della ricchezza da parte di grandi banche globali è uno dei modi che
Henry ha utilizzato per le sue stime (fa l’elenco delle prime 50 nella gestione
del denaro, in testa Ubs, Credit Suisse, Goldman Sachs).
Fonte: giornalettismo.com


Nessun commento:
Posta un commento