mercoledì 18 luglio 2012

Niente feste, dobbiamo lavorare?


Il governo Monti è in crisi nera, una difficoltà che deriva dall’aggravarsi di una recessione che rischia di far saltare ogni accordo stipulato a livello europeo. Nonostante l’expertise tecnica, l’eurocrisi sta facendo perdere la bussola anche a stimati economisti, che si trasformano nei più fedeli replicanti dei ministri dalle zero idee ma dai molti lanci di agenzia che abbiamo avuto in questi anni, a partire dal campione premio Sole per l’economia Giulio Tremonti.

E’ difficile commentare in maniera diversa la proposta odierna di accorpare le festività italiane, dal venticinque aprile al primo maggio fino al due giugno, per recuperare alcuni punti decimali di prodotto interno lordo, nella speranza che questo davvero si verifichi. Questa proposta era già stata lanciata dal governo Berlusconi, ed era stato subito accantonata per l’evidente inutilità. Non è casuale che il più vocale sostenitore di questa non misura sia il sottosegretario Paolillo, il più triste legame con la passata esperienza dei governi Berlusconi.
Il Pil non cresce per magia aumentando la quantità delle ore lavorate, come nessun contadino lavorerebbe più di un trattore se stesse più tempo al campo con l’aratro. Sarebbe invece necessario un incremento della produttività, ovvero la qualità delle ore lavorate. Per far sì che questo avvenga ci vuole innovazione, che dipende dalle imprese, e anche dalle politiche messe in campo dal governo per favorire la formazione del capitale umano, nuove scoperte scientifiche, la concorrenza nei mercati e così via. L’accorpamento delle festività assomiglia molto più ad una vacanza della ragione della quale l’Italia non ha davvero bisogno.

Fonte: giornalettismo.com

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