Ormai sembrava che fossero tutti d’accordo sul
lasciare perdere le elezioni anticipate e fare in modo che il Governo Monti
arrivasse alla sua naturale conclusione, per poi andare alle elezioni nella
primavera 2013. Ma di mezzo si è messo un nome di peso: Silvio Berlusconi. Il sei volte (con questa) candidato premier non può
aspettare così tanto, perché - al solito - in ballo ci sono i suoi problemi con la giustizia. Si tratta di indiscrezioni e la cosa è quindi da
prendere con le pinze, ma è chiaro che sulla testa del Cavaliere pende una
bella spada di Damocle: il processo Ruby.
Lo
spiega Repubblica:
“Sul leader - ed è la novità che l’avvocato dell’ex premier
porta al gabinetto di guerra - incombe il rischio assai concreto di una
condanna in primo grado tra novembre e dicembre. La mannaia del processo Ruby. La maledizione che lo perseguita. L’incubo di
una campagna elettorale da condurre da gennaio a marzo, da candidato presidente
del Consiglio, con il fardello di una sentenza funesta per quei reati infamanti.”
E allora come
fare? I fedelissimi Ghedini, Verdini, Alfano e Bonaiuti - riuniti a Palazzo
Grazioli - stanno cercando di trovare una via d’uscita, che passa
inevitabilmente dalla materia che più di ogni altra è vittima dei do ut
des della politica: la
legge elettorale. Se si vuole andare al voto a novembre bisogna
approvare una nuova legge elettorale, e per riuscirci in così poco tempo non si
può fare altro che accettare le condizioni dell’avversario, il Partito
Democratico, e sperare che Bersani aiuti il Cavaliere nel pressing su Monti e
Napolitano per convincerli ad anticipare il voto.
Ma il Pd
cos’ha da guadagnarci? Innanzitutto il poter imporre il meccanismo di voto
preferito con tutti i vantaggi che ne derivano. Ma non solo: per Bersani andare
al voto a novembre vuol dire poter evitare
con tutta probabilità le primarie. Certo, il candidato in pectore del Pd
al momento è dato in vantaggio, ma visti i brutti tiri che Sel e Vendola gli
hanno spesso tirato quando di mezzo c’erano le primarie, il segretario sarebbe
ben felice di saltare un passaggio irto di ostacoli.
Il Pdl è
quindi disposto ad accordare ai democratici la legge elettorale che vogliono,
quella basata sui collegi (che da sempre favoriscono il centro-sinistra) con il
premio di maggioranza del 15% al partito che ottiene più voti. Per il momento
però le risposte che giungono alla proposta dei falchi berlusconiani sono un secco no: Bersani non vuole subire
decisioni prese dagli avversari (nonostante i vantaggi che ne avrebbe), Casini
dice di non saperne nulla e Monti non vuole interrompere sul più bello una
delle battaglie più importanti che sta combattendo, quella per ottenere il
tetto anti-spread.
E
soprattutto, di mezzo c’è il Presidente della Repubblica: Napolitano vuole la
legge elettorale e la vuole al più presto. Ma se su questo punto il Pdl
potrebbe accontentarlo, ciò che il Capo dello Stato non può accettare è di
subire quello che assomiglia a un
ricatto.
Fonte: polisblog.it

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