lunedì 30 luglio 2012

Sanità, franchigia sui ticket. Si pagherà in base al reddito


Rivedere il rapporto di compartecipazione (contributo alle spese di esami, visite, analisi col quale ogni cittadino condivide le spese del servizio sanitario pubblico) alle prestazioni ipotizzando una franchigia, fino al cui raggiungimento si paga in funzione dei redditi, superata la quale non c'è più ticket ma gratuità.
Solo così si potranno evitare ticket previsti dal precedente governo per il 2014.
Questa è la proposta fatta domenica 29 luglio dal ministro della Salute, Renato Balduzzi a Tgcom24.
L'EREDITÀ DI TREMONTI. «Il sistema attuale dei ticket non è il massimo in materia di equità, trasparenza e omogeneità sul territorio», ha spiegato il ministro. «Inoltre se non facciamo nulla dal 2014 sulla base di una decisione presa dal precedente governo scatteranno 2 miliardi di ticket aggiuntivi».
Una cifra che «non sarà sostenibili per il sistema sanitario nazionale». «Io capisco i saldi», ha aggiunto «e non sto dicendo che la manovra precedente fosse sbagliata». 
BASTA TICKET GRATUITI. Bisogna «rivedere il rapporto di compartecipazione. Stabiliamo una franchigia, fino al cui raggiungimento si paga in funzione dei redditi, superata la quale non c'è più ticket ma gratuità. Questo aiuterà per esempio i malati cronici. Il limite sarà tecnico e servirà anche per dissuadere i comportamenti di inappropriatezza». 

È partito un giro di consultazioni anche a livello politico.
Per ora la mini riforma non compare fra i provvedimenti della bozza del decreto sulla sanità che, tra l'altro prevede la revisione dell'intramoenia (libera professione del medico ospedaliero) e la ricetta elettronica.
I meccanismi delle franchigie vanno ben congegnati per garantire alle fasce più deboli prestazioni gratuite.
L'attenzione è tutta rivolta al provvedimento sulla revisione della spesa.
Ed è proprio il contenuto dell'articolo 15 sulla sanità a far rivoltare le categorie colpite.
IL NODO DEL PRINCIPIO ATTIVO. Dopo l'emendamento approvato sabato 28 che 
obbliga la prescrizione del principio attivo, anziché del farmaco di marca, Farmindustria domenica 29 ha convocato la riunione del Comitato di presidenza: «Un'iniziativa ideologica», ha criticato il presidente dell'associazione Massimo Scaccabarozzi. «Sul piano economico non si risparmierà un euro. È stato un colpo di mano, le aziende non reggeranno e qualcuno se ne assumerà le responsabilità».
Il comma 11bis prevede che il medico che cura per la prima volta un paziente cronico o affronta un nuovo episodio di patologia non cronica «è tenuto a indicare nella ricetta del servizio sanitario nazionale la sola denominazione del principio attivo» nel caso siano disponibili più farmaci equivalenti, quelli usciti di brevetto e che dunque possono essere prodotti da aziende diverse dall'originaria. In media costano 1-2 euro in meno.
In Italia i malati cronici già in terapia, in gran parte anziani, sono esclusi dalla restrizione perché si è voluto tener conto della loro abitudine anche visiva al medicinale.
GIRO DI VITE ALLE LIBERALIZZAZIONI. Un giro di vite rispetto alla legge sulle liberalizzazioni che lasciava libero il medico di apporre la scritta «non sostituibile» se il prescrittore riteneva di dover indicare proprio quel farmaco. Stavolta chi non scrive il nome del principio attivo e opta per il cosiddetto prodotto originale dovrà motivare la sua scelta. 
Forte preoccupazione di Confindustria: «Sosteniamo l'appello dell'industria farmaceutica al presidente del Senato, governo e forze politiche di rivedere questa posizione e accantonarla. L'introduzione di questo obbligo non si giustifica in termini di risparmio».

Fonte: lettera43.it

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