Non è una da battaglie consociative. E
non cede di un millimetro rispetto al famoso discorso con il quale, nel marzo
di tre anni fa, attaccò duramente la classe dirigente del suo partito, il Pd,
guadagnandosi la ribalta nazionale e internazionale e poi incassando quelle
quasi 74mila preferenze che l’hanno catapultata al Parlamento europeo. Giovane,
faccia da brava maestra, nella vita è una avvocatessa e una politica di Udine
che si spende con passione. E con passione ripete come un mantra che c’è
bisogno di rinnovamento, che la casta deve rinunciare ai propri privilegi, i
partiti a una buona parte del finanziamento pubblico, mettendolo in ogni caso
sotto la lente di ingrandimento di controlli rigorosi per assicurare la massima
trasparenza.
Una ribelle?
Il tema del rinnovamento è molto
sentito. Lo era tre anni fa, lo è tanto più adesso. Certo non possiamo dire che
si sia realizzato. Ci sono tanti giovani su cui fare investimento. Ma più si
sale più il cambiamento diventa difficile.
Eppure il processo
sembra ineludibile…
La politica sarà chiamata a un
rinnovamento che non è solo generazionale. C’è anche l’esigenza di cambiare le
idee. Ma sono tante, troppe, le persone che occupano certe posizioni e che non
fanno un passo indietro.
Attaccamento al
potere?
C’è un problema di fondo. Molti pensano
di poter essere utili solo se ricoprono un ruolo istituzionale. Ma non è così.
Tante esperienze lo dimostrano. E allora resta la difficoltà del Paese a
innestare la marcia. Abbiamo la classe dirigente più vecchia d’Europa.
Adesso siamo nelle
mani di un governo tecnico. Una resa della politica?
Certo, se ci saranno, non potremo
intestarci successi. Ma è vero che abbiamo scelto con grande responsabilità di
appoggiare il governo di Mario Monti, cosa che ha qualificato anche il Paese,
evitandoci una pericolosa deriva. Per quanto mi riguarda vorrei attribuire i
meriti solo a tutti coloro che, coerentemente, mettono davanti a tutto gli
interessi del Paese.
Adesso però c’è anche
una grande confusione. Lei crede che in Italia ci sia ancora una classe
politica capace di proporre un programma credibile per la crescita?
Che ci sia confusione è indubbio, come è
fuori di dubbio che stiamo attraversando una crisi economica drammatica.
Condividiamo l’esigenza di fare riforme importanti. E non siamo qui a tessere
una tela da distruggere successivamente. Siamo qui a ribadire che le scelte
devono essere improntate ad equità e giustizia sociale.
Lei che farebbe?
Dobbiamo combattere l’evasione fiscale e
la corruzione, che inibiscono la nostra capacità di competere. Dobbiamo
sacrificarci e tornare a parlare di patrimoniale. E dobbiamo ridurre le tasse,
ma perché ciò avvenga le devono pagare tutti.
Non esiste un’unica
ricetta…
Stiamo chiedendo al Paese di cambiare in
pochi mesi quando per anni non ha fatto nulla. Dobbiamo eliminare gli sprechi,
intervenire sui costi della politica, creare posti di lavoro, rivedere il patto
di stabilità per permettere agli enti locali di potersi muovere.
I costi della
politica? Molti suoi colleghi non saranno contenti…
Non possiamo chiedere sacrifici al Paese
se la classe politica, per prima, non taglia i propri costi. Dobbiamo eliminare
le sacche di privilegio: i vitalizi, le posizioni di rendita. Non è solo una
operazione sui costi, è un modo per ripristinare un rapporto di fiducia con i
cittadini. E poi dobbiamo ridurre ulteriormente il finanziamento pubblico ai
partiti. Non basta il 50% in meno. Dobbiamo abbatterlo. Prendiamo troppi soldi
senza nessun controllo sul loro utilizzo. Non ci devono essere escamotage. Io chiedo
trasparenza. A prescindere.

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