Come era immaginabile, l’adozione della nuova legge elettorale non
solo ritarda, ma rischia di non avvenire, sia perché continuano a succedersi
proposte eterogenee di nuovi sistemi elettorali (fatte e disfatte a seconda di
quelle che sembrano le momentanee tendenze elettorali), sia perché l’opportuna
riduzione del numero dei parlamentari comporta che si modifichino due articoli
della Costituzione, dovendosi pertanto seguire una procedura più lenta.
In verità, anche la modifica della legge elettorale esige che la
sua approvazione avvenga per tempo: volendo essere ottimisti, per applicare un
nuovo sistema elettorale occorrono quanto meno quattro/cinque mesi per
l’impegnativo lavoro di ridisegnare i confini dei nuovi collegi elettorali (le importanti
circoscrizioni entro cui si svolge il confronto elettorale).
Ciò vuol dire che la legge elettorale dovrebbe essere adottata non
oltre la fine del prossimo autunno; di conseguenza la riforma costituzionale
che abbassa il numero dei parlamentari deve entrare in vigore poco dopo la
ripresa dei lavori parlamentari.
In realtà quindi i tempi sono strettissimi.
Occorre che il Senato, che ha appena iniziato nella commissione
Affari Costituzionali l’esame del disegno di legge di riforma costituzionale,
adotti rapidamente un testo che possa poi essere pacificamente condiviso, dal
momento che dovrà essere approvato senza modifiche dalla Camera e infine
riapprovato da entrambi i rami del Parlamento, dopo il passaggio di tre mesi di
tempo, come prescrive la Costituzione. Altrimenti non resterebbe che
modificare la sola legge elettorale, senza ridurre il numero dei parlamentari,
così però contraddicendo seriamente l’impegno assunto da molte forze politiche
con l’opinione pubblica (il che non sembra affatto raccomandabile, in questo
periodo).
Qui però si sconta il discutibile tentativo di alcuni parlamentari
e di alcuni partiti di approfittare di questa occasione per cercare di
rimettere mano anche a molti altri articoli della nostra Costituzione, forse
alcuni dei quali meritano anche una revisione (ma certamente non tutti, come ad
esempio la riduzione in sostanza di alcuni importanti poteri del Presidente
della Repubblica!). Ma soprattutto per affrontare problemi del genere, occorre
tutt’altro clima e più tempo a disposizione: qualche giorno fa giustamente
Valerio Onida ha dimostrato che nel «pacchetto» di modifiche portato all’esame
della commissione senatoriale vi è molto che non riguarda affatto la
composizione del Parlamento ma, invece, l’accrescimento dei poteri del Governo
e del presidente del Consiglio. Ieri addirittura sembra che l’ex-presidente del
Consiglio abbia preannunciato la presentazione di emendamenti alla commissione
senatoriale che proporrebbero l’ introduzione in Italia di un sistema
semi-presidenziale, come in Francia; se la notizia fosse vera, si ipotizzerebbe
una vera e propria profondissima riforma costituzionale, quale non era stata
neppure tentata nella grande revisione costituzionale votata nel 2005 (e
respinta a larga maggioranza dall’apposito referendum del 2006).
E’ evidente che l’attuale situazione politica e parlamentare rende
comunque impossibile l’accoglimento di proposte di grande revisione
costituzionale e di tanta delicatezza; da ciò il dubbio se la loro proposta
serva in realtà a creare ostacoli insuperabili alla revisione della legge
elettorale o se proposte del genere addirittura anticipino temi della futura
campagna elettorale od il tentativo di scaricare su asserite debolezze della
nostra Costituzione la deludente inconcludenza del vecchio Governo.
Ma torniamo al punto di partenza: se si vuole mantenere l’impegno
di modificare l’attuale legge elettorale, in primo luogo occorre che i gruppi
parlamentari trovino davvero un’intesa su un nuovo sistema elettorale,
smettendo tatticismi e tecniche degne degli esperti di «surplace».
In secondo luogo, occorre ridurre in modo drastico le pretese di
approfittare dell’attuale contingenza per cercare di revisionare in modo
incisivo ed ampio la
Costituzione ; occorre, invece, ridurre davvero al minimo
indispensabile le modifiche costituzionali ed adottarle rapidamente.
Altrimenti diviene realistico temere che, in realtà, qualcuno
abbia deciso che alle prossime elezioni politiche si debba andare a votare
ancora con la pessima legge vigente. Ma allora sarebbe bene dirlo con chiarezza
all’opinione pubblica.
Fonte: “La Stampa ”
– Ugo De Siervo

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