Chiara
aveva 28 anni. Era bella, “intelligente, allegra e autoironica”, come dice un
suo amico, innamorata di suo marito Enrico, del figlio Francesco, un anno, e
della vita. E’ morta mercoledì scorso, consumata da un cancro che l’aveva
colpita durante la gravidanza e che non aveva voluto curare in tempo, per
difendere il bambino che cresceva dentro di lei.
Era cattolica, Chiara, sorretta come suo
marito da una fede incrollabile, che l’aveva aiutata a superare anche la morte
degli altri due figli, nati con malformazioni tanto gravi da essere
incompatibili con la vita e morti poco dopo la nascita. Anche allora avrebbe
potuto abortire, ma si era rifiutata: «Il Signore ha sempre qualcosa di diverso
per noi. Non tutto va come noi pensiamo – aveva raccontato durante una
testimonianza resa in una parrocchia romana, a proposito della nascita della
prima bambina, Maria – Nonostante tutto è stata una gravidanza stupenda, in cui
abbiamo potuto apprezzare ogni singolo giorno, ogni piccolo calcio di Maria è
stato un dono. Il figlio dona la vita alla madre”.
Una ragazza romana
come tante, una coppia giovane e felice come tante, che ha vissuto il dolore e
la perdita come tappe di un percorso che ha come fine ultimo la trascendenza.
Al suo funerale, in una chiesa stracolma, Chiara ha voluto che nessuno portasse
fiori, ma tutti i partecipanti hanno ricevuto in dono una piantina verde da
portare a casa e coltivare.
“L’ha deciso lei, per ricordare a tutti che
la vita non ci appartiene, ma viene dall’alto e va difesa, sempre – ha spiegato
il marito – Voleva che fosse una giornata di festa, non una cosa triste”.

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