lunedì 18 giugno 2012

Marchi “rosa” alle pari opportunità

Ma quando il rosa si scolora dove vanno i diritti delle donne?

Cinque anni dopo, quel rosa intrepido si è scolorito sotto strati di negligenza e colpi di ristrutturazioni fino a diventare tanto pallido da non contare più. Era rosa il bollino che, nel 2007, rispondendo a una richiesta europea, premiava, certificandola, l’eccellenza delle aziende italiane, pubbliche e private, nelle politiche di genere.
C’era stata una piccola virtuosa corsa, in quei giorni, a farsi certficare dal ministero delle Pari Opportunità di Barbara Pollastrini. In 150 imprese, grandi e medie, quotate e non, private e pubbliche, si erano sottoposte al test. Ci avevamo quasi creduto.
 Le aziende per partecipare alla selezione dovevano compilare un formulario che un po’ le inchiodava e forse aveva ottenuto il risultato di far riflettere i Flinstones alle risorse umane su espressioni come “catena di valore delle pari opportunità”.
Al punto 2.7 dell’allegato partiva il fuoco di fila delle domande chiave: “Vogliate cortesemente descrivere le eventuali misure messe a punto ed utilizzate dall’azienda in riferimento a
-Parità retributiva e superamento dei differenziali di genere
-Processi di stabilizzazione e politiche assunzionali -Qualificazione e progressione di carriera – Conciliazione
Cinque anni dopo, sarebbe interessante sapere se e con quali parole le imprese italiane riempirebbero queste caselle e poi quale sarebbe la valutazione la Commissione ministeriale.
Cinque anni dopo, una delle aziende pubbliche che aveva passato la certificazione, le Poste Italiane guidate ormai due lustri dal 64enne Massimo Sarmi, ha pensato bene di togliere il bonus presenza alle donne in maternità obbligatoria.
Cinque anni dopo, all’ escalation delle dimissioni in bianco è stata messa una pezza dalla ministra Elsa Fornero, ma alle Pari Opportunità, così come negli uffici, conciliazione, maternità e paternità, restano parole vagamente fastidiose, di sicuro faticose. Pare che tra le giovanissime sia addirittura diffusa da l’usanza di dichiararsi lesbiche, o di lasciarlo intendere, ai colloqui di lavoro. Meglio subire la curiosità e il sorrisetto del Cassano di turno che vedersi rifiutare un impiego.


fonte: 27esimaora.corriere.it

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