Salvare lo stato sociale significa contribuire
a sostenere l’Italia con risorse da valorizzare,senza lasciare che naufraghino.
Nel nostro Paese, purtroppo, negli ultimi anni, il welfare è stato eroso da
progressivi quanto sanguinosi tagli. Chiediamo che il necessario rigore per
risanare il Paese coinvolga tutti, nessuno escluso, gravando equamente sulle
spalle di ciascuno, secondo i pesiche ciascuno può portare. A chi più ha, più
deve venire chiesto. Nessuno dev’essere lasciato indietro. Abbattimento di
insensati quanto onerosi privilegi, lotta all’evasione fiscale, contrasto ai
fenomeni di corruzione, drastica riduzione delle spese militari: i soldi vanno
presi là dove ci sono.
È
intollerabile che non si possa finanziare il Fondo per la non autosufficienza e
si continuino a riempire gli arsenali. È solo un esempio, tra tanti possibili.
Non è soltanto una questione etica, di giustizia o di tenuta della coesione sociale.
È un problema che va dritto al cuore del patto che fonda il nostro sistema. Democrazia, infatti, significa
anche che ciascuno possa costruire autonomamente il proprio progetto di vita,
partendo da opportunità che vanno garantite nel campo educativo.
Un corretto sistema
di protezione sociale aiuta i cittadini a realizzarsi consentendo di affrontare
le difficoltà individuali (handicap,malattie, infortuni) e gli effetti dei
cambiamenti sociali ed economici che possono incidere pesantemente sulla vita delle
persone.
Il modello sociale europeo è nato proprio dal riconoscimento che,
abbandonando gli individui a sé stessi, perderemmo o non valorizzeremmo molte
energie, creatività, aspirazioni:creare le condizioni per sviluppare queste
risorse è diventato il compito di una responsabilità pubblica, collettiva,
ancorata alla tutela dei diritti di cittadinanza. Questo chiediamo. Sappiamo di
non essere soli a farlo.
don Vinicio Albanesi, don Luigi Ciotti,
don Antonio Mazzi, don Armando Zappolini
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