mercoledì 5 settembre 2012

UN PAESE DI RICATTI, RICATTATI E RICATTATORI


Quando i problemi sono complessi, molto complessi, e i giornalisti fanno fatica a spiegarli scelgono delle formule semplici: buono contro cattivo. Oppure ricchi contro poveri, la casta contro il popolo sovrano.
In questo modo la vicenda si semplifica, diventa digeribile, il lettore crede di aver capito come stanno le cose e non cerca ulteriori approfondimenti. E la Verità ( o almeno la cosa più vicina) va a farsi benedire.
In Sardegna c’è una miniera di carbone, in una zona ancora molto povera e disagiata: il Sulcis.
 La vicenda:circa 200 minatori della Carbosulcis hanno occupato la miniera di Nuraxi Figus, a Gonnesa, scendendo a 373 metri di profondità. L’accesso ai pozzi, secondo quanto riporta l’Unione sarda, è stato bloccato da cumuli di carbone e mezzi meccanici. La protesta è esplosa per convincere il Governo a sbloccare il progetto di rilancio della miniera con la produzione di energia pulita dal carbone attraverso la cattura e lo stoccaggio di co2 nel sottosuolo.
Scrive Giulio Sapelli sul Corriere.it

“la miniera di Nuraxi Figus è l’ultima in Italia. È stata teatro di gloriose lotte operarie condotte con intelligenza politica e straordinaria responsabilità. Mai un grave incidente, mai un sabotaggio (eppure gli esplosivi son lì a portata di mano). Oggi 463 lavoratori ricordano le lotte del lontano 1984 e quelle di un decennio dopo, nel 1993 e nel 1995, quando i minatori rimasero in fondo alla miniera per cento giorni. Oggi si rischia di assistere nuovamente a questa prova di forza, perché tutto il territorio del Sulcis-Iglesiente è a grave rischio, considerata anche la crisi dell’Alcoa. Un’alternativa più praticabile esiste ed è quella percorsa in Europa in tutte le aree ad antichissimo insediamento carbonifero: la trasformazione dei siti in complessi culturali ed espositivi secondo i canoni dell’archeologia industriale, disciplina in cui noi italiani siamo maestri.”
Allora, cominciano ad essere più chiari i termini di un problema complesso ? Stare dalla parte dei minatori, delle loro famiglie, la cui sopravvivenza economica è a forte rischio è facile. Anzi è obbligatorio. Ma far funzionare una miniera che non è più redditizia lo si può fare solo rimettendoci denaro pubblico. Cioè noi paghiamo i minatori della carbosulcis per continuare a fare un lavoro che non serve più, solo perchè non siamo in grado di trovare alternative? Solo perchè nessuno ha il coraggio di dire ai minatori ” grazie per il vostro coraggio ma ora dovrete cambiare lavoro” ?
Se i minatori, per farsi ascoltare dalla regione Sardegna, devono scendere in miniera e barricarsi a 300 metri di profondità significa che c’è un corto circuito tra popolazione e istituzioni. Se la classe operaia deve ricorrere a imprese disperate e allora, solo allora, ci si accorge di loro, significa che solo con il ricatto si riesce ad ottenere qualche cosa. Perlomeno attenzione. Certamente non si ottiene la soluzione del problema. E non si ottiene neanche una corretta informazione.

Fonte: iljournal.it

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