Il mondo si
prepara a raggiungere quota 1000 centrali nucleari: è questo
il dato più eclatante che emerge dai Seminari internazionali sulle emergenze planetarie in corso in questi
giorni ad Erice (Trapani). Sono infatti 433 le centrali nucleari al momento attive sul nostro
pianeta, ma altre 69 sono quelle in costruzione, 160 quelle pianificate e 329
quelle proposte per la realizzazione: in totale ci sono quindi 558 centrali pronte ad essere costruite in tutto il mondo, il che
significa che, nel giro dei prossimi anni, il numero di impianti che producono
energia da fonti nucleari raddoppierà.
Tra i paesi più “affezionati” al processo
di fissione nucleare spiccano gli Usa (104 centrali), seguiti a grande distanza
da Francia (58), dal Giappone (50, al momento però quasi tutte ferme), Russia
(33), Corea del Sud (23) e India (20). Nella corsa al raddoppio degli impianti
primeggia però la Cina,
dove attualmente sono attive appena 16 centrali ma sono ben 197 quelle in
dirittura d’arrivo (
Il terrore di rimanere a secco
di energia elettrica e la difficoltà nell’approvvigionamento energetico, unita
agli alti costi, sono all’origine di un futuro sviluppo, sempre più “giallo”,
del nucleare. Per gli scienziati riuniti ad Erice però non c’è da preoccuparsi: il professor Lowell Wood di Stanford,
allievo del padre della bomba all’idrogeno Edward Teller, ha reso noto
che “in Cina le regole sono più
stringenti di quelle del Giappone” – che pure prima di Fukushima era considerato il top
negli standard di sicurezza – e che quindi Pechino sarebbe pronta ad accogliere
un numero maggiore di centrali, dal momento che la sua tecnologia sarebbe “sicura, nei limiti dell’umanamente
possibile”.
A preoccupare è invece il fatto che ogni
nazione stabilisce i propri standard di sicurezza in relazione all’atomo: in
alcune zone del pianeta questi sono molto rigidi, in altri dire “blandi” è
poco. E delle circa 500 centrali in via di costruzione, oltre l’80% sorgerà in paesi del Terzo mondo,
quelli in cui le regole di sicurezza sono più trascurate. A lanciare
l’allarme è il presidente dei
Seminari, Antonino Zichichi: lungi da esprimere posizioni ideologiche
pro o contro l’avanzata dell’atomo sulla terra, Zichichi ha voluto porre invece
l’accento sulla necessità – più volte espressa dall’Iaea (International Atomic Energy Agency) e avanzata anche
dal portavoce Hans-Holger Rogner – di
un’autorità internazionale che detti regole uguali per tutti in materia di sicurezza,
perché “gli incidenti nucleari non conoscono confini”. L’Iaea al momento
“non ha il potere d’imporre le regole, può solo tracciare linee guida”, ha
concluso Zichichi.
Insomma il mondo del dopo-Fukushima teme
l’atomo, ma non troppo: il riavvio delle centrali in Giappone è già ripartito,
seppur con il contagocce e con l’obbligo di sottoporle, una per una, all’occhio
di una commissione nazionale chiamata a riscrivere le regole di sicurezza e il
mondo produce ogni anno 370 Gwe (gigawatt, miliardi di watt), meno dei 375,5
Gwe del marzo 2011, (come inferiore è oggi rispetto a un anno e mezzo fa la
percentuale di energia derivante dall'atomo: il 12,3% oggi, il 13,5% in
passato). Ma la crisi economica attuale, unita al basso costo imposto dalla
realizzazione di un impianto nucleare – oggi ammortizzabile in 20 anni – rendono sempre più
appetibile il ricorso all’economica energia nucleare, anche a costo della
sicurezza: basti pensare che, negli Usa, l'impianto più recente è del 1970 e il
professore americano Robert Budnitz ha escluso che si arrivi a demolire vecchie
centrali, “strutture i cui costi sono stati completamente ammortizzati e che
fruttano adesso uno straordinario flusso di profitti”. Lo studioso americano
Carmine Di Figlio ha stimato che il nucleare potrebbe in futuro costare 5
centesimi a kwh meno del gas naturale.
E in Italia? Nel nostro paese, dove fino a
poco meno di un anno fa si dibatteva ancora la possibilità di un ritorno al
nucleare - con esponenti della comunità scientifica e imprenditoriale pronti a
giurare sull'ineluttabilità di ritornare all'atomo - con i risultati del referendum
oggi il capitolo sembra chiuso. Sebbene il governo, con le ultime due
finanziarie e per spinta del ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera,
abbia cercato in tutti i modi di bloccare l'impennata delle rinnovabili con
legacci burocratici e tagli agli incentivi, oltre 9 mila megawatt (MW) di
fotovoltaico sono installati in un solo anno. Cifre che, negli altri paesi
europei sono almeno il doppio.
Il mondo, ha, insomma, sete di energia
pulita ed è stanco delle continue impennate del prezzo del petrolio: ma i
potenti gli rifilano, come sempre, la solita, vecchia, pericolosa ma economica
e politicamente manipolabile energia nucleare.
Fonte: you-ng.it

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