Il Tribunale del Riesame ha depositato questa mattina le motivazioni in
base alle quali il 7 agosto scorso ha confermato il sequestro degli impianti a caldo dell’Ilva.
Per il Tribunale del Riesame, il “disastro” prodotto dall’Ilva a Taranto è
stato “determinato nel corso degli anni, sino ad oggi, attraverso una costante
reiterata attività inquinante posta in essere con coscienza e volontà, per la
deliberata scelta della proprietà e dei gruppi dirigenti”.
Le modalità di gestione dell’Ilva di Taranto sono state tali da produrre un
‘disastro doloso’: “azioni ed omissioni aventi una elevata potenzialità
distruttiva dell’ambiente (…), tale da provocare un effettivo pericolo per
l’incolumità fisica di un numero indeterminato di persone” scrive il Tribunale.
Per il Tribunale il “disastro” prodotto dall’Ilva a Taranto è stato
“determinato nel corso degli anni, sino ad oggi, attraverso una costante
reiterata attività inquinante posta in essere con coscienza e volontà, per la
deliberata scelta della proprietà e dei gruppi dirigenti”.
Proprietà e gruppi dirigenti “che si sono avvicendati alla guida
dell’Ilva”, secondo i giudici del tribunale del riesame di Taranto, “hanno
continuato a produrre massicciamente nella inosservanza delle norme di
sicurezza dettate dalla legge e di quelle prescritte, nello specifico dai
provvedimenti autorizzativi”.
In un’altra parte del loro provvedimento i giudici del Riesame, sullo
stesso tema, annotano: “Dalle varie parti dello stabilimento vengono generate
emissioni diffuse e fuggitive non adeguatamente quantificate, in modo
sostanzialmente incontrollato e in violazione dei precisi obblighi assunti
dall’Ilva, nella stessa Aia e nei predetti atti d’intesa, volti a limitare e
ridurre la fuoriuscita di polveri e inquinanti”.
I giudici ritengono che “le emissioni nocive che scaturivano dagli
impianti, risultate immediatamente evidenti sin dall’insediamento dell’attuale
gruppo dirigente dello stabilimento Ilva di Taranto, avvenuto nel 1995, sono
proseguite successivamente”, nonostante una condanna definitive per reati
ambientali. Inoltre, nonostante i “molteplici” impegni assunti dall’Ilva con le
pubbliche amministrazioni per migliorare le prestazioni ambientali del
siderurgico, i dirigenti dello stabilimento non hanno mai assolto agli
obblighi.
L’attività inquinante dell’Ilva – secondo il tribunale del Riesame di
Taranto – ha provocato una “gravissima contaminazione ambientale” che consiste
nella “contaminazione di una vasta area di terreno compresa tra i territori dei
Comuni di Statte e Taranto”. La contaminazione “ha comportato ingenti danni
economici alle locali aziende zootecniche, ma soprattutto ha creato una
situazione di grave pericolo per la salute e la vita di un numero indeterminato
di persone”.
L’attività inquinante – sottolineano i giudici – si è protratta “per anni
nonostante le osservazioni e i rilievi mossi al riguardo dalle autorità
preposte alla salvaguardia dell’ambiente e della salute”. “Ciò – concludono i
giudici – emerge inconfutabilmente circa le emissioni inquinanti rivenienti
dalla singole aree dello stabilimento”. A questo riguardo i giudici rilevano,
tra l’altro, che già nel maggio 2007 l’Arpa Puglia aveva reso noto che le
emissioni di diossina attribuibili all’Ilva “avessero subito un decisivo
incremento, passando il contributo complessivo dello stabilimento di Taranto,
al totale nazionale prodotto, dal 32% dell’anno 2002 al 90% del 2005″.
Il Riesame ha confermato il sequestro degli impianti a caldo dell’Ilva
senza concedere la facoltà d’uso, che peraltro – viene sottolineato – non era
stato richiesto neppure dai legali del Siderurgico. Lo si apprende da fonti
giudiziarie.
Il tribunale del Riesame, confermando il sequestro Ilva, dispone che non si
continuino a perpetrare i reati contestati nel provvedimento cautelare. Sul
percorso da seguire per interrompere i reati, i giudici – viene riferito da
fonti giudiziarie – non si sbilanciano e affidano il compito ai custodi
nominati dal gip e alla procura.
Fonte: iljournal.it

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