
ROMA
– La tanto temuta “deadline” è arrivata: entro oggi 18 giugno bisogna pagare la
prima rata dell’Imu, o meglio, l’acconto della rinata tassa sulla casa. Uno
slalom tra aliquote, detrazioni, rendite catastali e moltiplicatori che, come
rivela un sondaggio di Unimpresa svolto presso 900 Caf, terrà svolto presso 900 Caf, terrà lontani dal traguardo ben
il 40% dei contribuenti. Cioè 4 italiani su 10 mancheranno l’appuntamento con
la scadenza. Peggio per loro certo, ma in realtà peggio per tutti perché se il
gettito dell’Imu non sarà all’altezza delle aspettative del Governo, le
aliquote per il saldo potranno lievitare, compreso per chi invece la scadenza
ha rispettato. Complice del “ritardo”
di massa un sistema di multe in realtà blando perché, se è vero che per chi non
paga quanto dovuto scatta una sanzione pari al 30%, per chi paga in ritardo (ma
che comunque incide sui conti che si faranno con l’incasso dell’anticipo) le
sanzioni sono molto più basse, nell’ordine del 3% appena.
Sanzioni
che a dire il vero non sono eccessivamente blande, punire in misura più dura
chi magari è arrivato in ritardo alla scadenza in buona fede, cioè chi magari
ha sbagliato i conti e li ha dovuti rifare, sarebbe vessatorio. Il paradosso
potrebbe essere però che, per non punire “troppo” i ritardatari, si rischia di
punire quelli che sono stati puntuali. E se la stima fatta da Unimpresa e
riportata da La Stampa
corrisponde a verità, la punizione per i puntuali diventa una quasi certezza.
“Questa sera l’operazione-acconto sarà conclusa, e nelle casse
pubbliche entreranno i primi 10 miliardi di euro del l’Imu. Ma per capire
quanto “vale” davvero la nuova imposta per Stato e Comuni (e quanto costa ai
proprietari) bisognerà aspettare ancora un po’ di tempo. Tra gli sconti dettati
dal Parlamento e quelli decisi dai sindaci – che possono influenzare già la
prima tranche se riguardano l’abitazione principale – il gettito effettivo
dell’Imu resta appeso a diverse incognite.
Incognite non prive di conseguenze per i contribuenti, perché lo
Stato potrà correggere fino al 10 dicembre le aliquote del l’Imu, così da
garantirsi comunque le entrate totali previste con il salva-Italia: 21,8
miliardi, poi ridotti a 21,4 con l’introduzione della detrazione extra per i
figli. I Comuni, dal canto loro, potranno intervenire fino al 30 settembre per
coprire con un aumento del prelievo eventuali incassi inferiori alle stime,
oltre che i tagli ai trasferimenti. I proprietari, invece, possono solo sperare
che tra le previsioni si annidi qualche errore per eccesso. Da tradurre in uno
sconto”, scrive il
Sole24Ore. Lo Stato ha quindi tempo sino al 10 dicembre per correggere le
aliquote, e i Comuni sino al 30 settembre per fare lo stesso, in modo da
ottenere un saldo finale uguale alle attese e alle stime fatte su carta. E se
il 40% dei contribuenti mancherà l’appuntamento con l’acconto diventa quasi
inevitabile che ritocchi ci saranno per raggiungere il traguardo voluto, e ritocchi
che, come detto, riguarderanno tutti.
Ma
cosa succede a chi non ha pagato in tempo l’acconto, a quali sanzioni andrà
incontro? Ovviamente i casi sono diversi, chi paga con una settimana di ritardo
avrà una multa meno salata rispetto a chi ha deciso di non pagare punto. “Partiamo dalla situazione estrema, considerando il caso del
contribuente che decide di non pagare o che non può farlo. L’omesso versamento
è punito dall’articolo 13 del decreto legislativo 471/97 con una sanzione
amministrativa pari al 30% dell’importo non versato, alla quale si devono
aggiungere gli interessi moratori fissati dall’ente nei limiti di tre punti di
differenza rispetto al tasso legale (articolo unico, comma 165, della
Finanziaria 2007, legge 296/2006), quindi fino al 5,5% annuo. Supponendo che
l’ente effettui l’accertamento a distanza di poco più di un anno, il
contribuente si ritroverebbe a pagare l’imposta maggiorata di oltre un terzo
(30% più, al massimo, il 5,5%). – spiega il quotidiano di Confindustria – Se
invece il contribuente decide di pagare spontaneamente, anche se in ritardo, la
sanzione del 30% si riduce al 3% o al 3,75% se si versa, rispettivamente, entro
un mese o entro un anno dalla scadenza (articolo 13, decreto legislativo
472/97). Alla sanzione ridotta si devono aggiungere gli interessi legali del
2,5% su base annua, ma non quelli moratori deliberati dall’ente, perché non è
in questo caso applicabile l’articolo unico, comma 165, della Finanziaria 2007.
Si tratta del “ravvedimento operoso”: in particolare quello “lungo” potrebbe
essere conveniente per il contribuente, che pagherebbe solo il 6,25% di
maggiorazione (3,75% sanzione + 2,5% interessi). Occorre però fare attenzione,
perché il “pentimento” deve essere precedente alla constatazione della
violazione o all’inizio di attività istruttorie rese formalmente note. Il
Comune potrebbe quindi bloccare il ravvedimento con una semplice richiesta di
chiarimenti sul mancato pagamento.
Quindi, se non si vuole rischiare un’ulteriore stangata, è
preferibile correre ai ripari quanto prima, optando per il ravvedimento “breve”
o, addirittura, per quello “sprint”, introdotto da luglio scorso. Il decreto
legge 98/2011 ha infatti deciso per i versamenti tardivi una nuova misura
sanzionatoria, pari al 2% al giorno in caso di ritardo inferiore ai 15 giorni.
Il contribuente può anche beneficiare cumulativamente delle riduzioni delle
sanzioni previste dall’articolo 13 del decreto legislativo 471/97 e dal
ravvedimento operoso dell’articolo 13 del decreto legislativo 472/97. Per esempio,
in caso di versamento eseguito con 10 giorni di ritardo, la sanzione
applicabile del 20% si riduce al 2% per effetto del ravvedimento. Si tratta
quindi di un’occasione che non bisogna lasciarsi sfuggire, evitando tuttavia di
commettere errori: occorre quindi effettuare il versamento omesso, versare gli
interessi per il ritardo al tasso legale (non quello deliberato dal l’ente) e
versare la sanzione in misura ridotta. Attenzione però a non bluffare, dal
momento che il pagamento parziale non perfeziona il ravvedimento (Cassazione,
sentenza 12661/2011)”.
A
conti fatti quindi pagare in ritardo non risulta così oneroso per i
contribuenti, posticipare fino ad un anno il pagamento non arriva a costare il
10 per cento del non pagato. Ma non pagare fino a dicembre, costo limitato per
chi non paga, diventa quasi automaticamente un far pagare di più tutti perché
Stato e Comuni di fronte a gettito mancante aumenteranno le aliquote. Quello
che si paga cara è l’evasione tout court o “l’essere beccati in castagna”, ma pagare
con una settimana o un mese di ritardo rispetto alla scadenza, se non
conveniente è quantomeno non proibitivo. Peccato però che pagare in ritardo
equivale a far sparire la propria “fetta” di Imu dai conti che lo Stato farà su
quello che gli italiani avranno versato entro questa sera. E il conto finale
presentato ai contribuenti si baserà proprio sul gettito che entrerà nelle
casse pubbliche con l’acconto che oggi scade. Speriamo che Unimpresa si sbagli
perché per tutti quelli che pagheranno in ritardo, dovremo pagare tutti.
fonte: blitzquotidiano.it

Nessun commento:
Posta un commento