Anche stavolta il titolo della grande
kermesse che si apre fra poche ore a Rimini è accattivante: “La
natura dell’uomo è rapporto con l’infinito”. Il Meeting cerca Don Giussani, prova a guardare
indietro, alle sue origini, dopo le “sbornie” prese sull’onda del berlusconismo, i cui stordimenti sono
anche qui evidenti.
Dov’è Don Giussani, il suo spirito della
ricerca ancestrale, opere, cultura, comunità, dialogo dentro la religione e tra
le religioni?
Andreotti proiettava l’ombra di una politica dominante, lambita ma non surclassata dallo show, Berlusconi sfoderava la potenza della comunicazione televisiva riducendo la politica a mero supporto del gossip, il “Celeste” del Pirellone dimostrava che opere e business convivevano e convincevano.
Andreotti proiettava l’ombra di una politica dominante, lambita ma non surclassata dallo show, Berlusconi sfoderava la potenza della comunicazione televisiva riducendo la politica a mero supporto del gossip, il “Celeste” del Pirellone dimostrava che opere e business convivevano e convincevano.
Tutto finito? Di sicuro, qui al Meeting,
l’illusione resta ma c’è la spinta per dire no ai vecchi demiurghi, per
respirare aria nuova, incontrare facce nuove e pulite.
Il Meeting resta anche
kermesse mediatica, ma la vetrina della politica-partitica che da qui, dalla
terra del divertimentificio in crisi di soldi e di identità, lanciava ogni fine
agosto la sua agenda per la stagione a venire, non c’è più. Tutto sepolto.
Quelli di Cl non credono più al
pifferaio di turno, non si fanno più sedurre dall’uomo solo al comando, si
leccano le ferite che tardano a rimarginarsi. Chi aspettano dopo il crac della
seconda Repubblica?
Arriva il prof, il premier Monti, aperto e austero, con
le nuove regole sulla crescita, con la nuova spinta per ridare ai giovani la
fiducia e la speranza sull’Italia e sulla politica italiana.
L’aria che tira a Rimini, è mesta, ci
fosse Fellini direbbe:
“Vi sta bene”, anzi: “Ci sta bene”. E’ per questo che il Meeting non lancia
fuochi d’artificio con dibattiti dove il politico diventava il politicus. Tutti
fuori, comunque tutti fuori dai riflettori, a cominciare dal chiacchierato e in
odore di mani imbrattate Formigoni.
Insomma, si gioca basso, senza lustrini
e fanfare, soprattutto senza fughe in avanti. Meglio seguire il premier Monti,
stare in scia. La traversata nel deserto è ancora lunga.
Fonte: polisblog.it

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