Tira aria
di disfatta nel Pdl, partito che “risale in disordine e senza speranza le valli
che aveva discese con orgogliosa sicurezza”. Si dovrebbe scrivere,
correttamente, partito che “scende” vorticosamente, piombato addirittura negli
ultimi sondaggi (Swg) al 15!
Un tracollo di proporzioni apocalittiche, milioni di elettori,
delusi e disorientati, che voltano le spalle al partito del Cav.
E pensare che meno di un mese fa, Berlusconi e Alfano, in una
pomposa conferenza stampa, annunciavano urbi et orbi, l’arma “segreta” capace
di ridar vita al partito del predellino, riportando il centrodestra di nuovo
all’assalto di Palazzo Chigi.
Fatte le debite proporzioni, più “visionari” del fuhrer coi
baffetti del 1944-45.
Più il partito si squaglia e più gli ex colonnelli del Cav e i
signorotti locali si arroccano, sputando sentenze contro Monti e i partiti
tutti, e soprattutto
ergendosi a rottamatori contro gli “amici” interni, con
l’unico obiettivo di salvare la propria cadrega, anche l’ultimo strapuntino.
Evidentemente il Capo è alla frutta, (l’idea della nuova
governance del Paese è solo una minestra riscaldata di bassa propaganda)
circondato dai baciapile terrorizzati di perdere definitivamente l’immenso
potere che avevano fino a pochi mesi addietro.
Sono intrappolati e nemmeno se ne sono accorti. Adesso la
tenaglia sta per stritolarli. La domanda, a questo punto, è una sola: reggerà
un partito siffatto fino alle primarie di ottobre?
Neppure Berlusconi ci crede più: “Il Pdl non c’è più, esiste
solo nelle teste dei nostri dirigenti”. Già, i dirigenti. Dirigenti “de che”?
Angelino Alfano è stralunato e non sa più a che santo
appellarsi. Deputati e senatori berlusconiani sanno che alle prossime elezioni
saranno travolti come dallo tsunami. Tutti a casa?
Chi paga il ventennio del bunga bunga, delle leggi ad personam,
della negazione della crisi? La risposta è troppo ovvia. Tenersi stretta la matita. E usarla nel
chiuso dell’urna. Sarà il d-day Made in Italy.
Massimo Falcioni

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